I vaccini sono fra le scoperte scientifiche più importanti per il genere umano, eppure continuano a essere guardati con sospetto da una parte dell’opinione pubblica. L’impatto delle vaccinazioni sulla riduzione della mortalità è secondo solo all’approvvigionamento di acqua potabile, e la prevenzione delle malattie limita i costi degli interventi di cura consentendo risparmi nell’ordine di miliardi nei Paesi in cui le malattie sono sotto controllo o debellate. L’immunizzazione di routine dei bambini è considerata uno degli interventi più efficaci in materia di salute, perché, oltre a proteggere il singolo individuo, garantisce anche la cosiddetta “immunità di gregge”. Eppure, ormai da anni, si registra una ingiustificata e preoccupante resistenza di alcuni genitori, nonostante siano noti rischi derivanti dalle malattie prevenibili attraverso la vaccinazione e nonostante le rassicurazioni delle Autorità sanitarie sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini.
La resistenza è in gran parte dovuta alle campagne anti-vaccino che imperversano sul web e su riviste e libri di discutibile valore scientifico. Tali fonti di (dis)informazione mettono in dubbio la sicurezza e il valore delle vaccinazioni, soprattutto quelle dei bambini. I social network sono un terreno di scambio di informazioni sulla salute ed è molto difficile orientarsi tra le tante notizie disponibili e distinguere quelle corrette da quelle create per generare confusione e per portare avanti interessi, che nulla hanno a che vedere con la salute dei cittadini.
Recentemente, negli USA, una massiccia campagna di comunicazione contro la vaccinazione, condotta anche tramite il web con dei siti dedicati al tema, ha evidenziato che un numero sempre più alto di genitori si dichiara pronto a non garantire neanche la copertura vaccinale contro il morbillo e la pertosse esponendo così i propri figli a gravi rischi.
Al fine di combattere questa disinformazione sul web, un team di ricercatori dell’Università di San Diego ha condotto un’analisi approfondita su 480 siti web impegnati in una campagna di informazione/comunicazione contro la vaccinazione.
Il quadro che è emerso è allarmante anche in riferimento agli strumenti di persuasione utilizzati per manipolare l’informazione e orientare gli utenti verso altre forme di “protezione” della salute.
Entrando nello specifico, emerge che in circa due terzi dei 480 siti web monitorati, sono presenti informazioni e dichiarazioni sulla pericolosità dei vaccini, e in una percentuale simile è molto accentuato il riferimento alla presunta correlazione fra autismo e utilizzo dei vaccini. Su questo ultimo aspetto, la ricerca ha dimostrato che non esiste alcuna evidenza scientifica di una correlazione fra i vaccini e l’autismo. In particolare, in oltre 15 anni di studi non è stato trovato alcun legame tra il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia e i disturbi dello spettro autistico.
Dall’analisi è inoltre emerso che il 28% di questi siti afferma falsamente che i vaccini sono inefficaci, mentre il 43% lancia allarmi su possibili effetti collaterali molto gravi quali ad esempio danni al cervello. La maggior parte dei siti (l’82%) afferma che le Autorità sanitarie non hanno a cuore il benessere della popolazione e molti incoraggiano la diffidenza verso le Istituzioni suggerendo addirittura che vi sia la complicità di molti medici e scienziati accreditati.
In questi siti web è quasi impossibile trovare contenuti equilibrati, a giudicare dalla quantità dei commenti presenti, al di fuori di ogni rigore scientifico, dei più accesi sostenitori anti-vaccino.
Un “caso studio” molto dibattuto in questa sorta di mondo parallelo è stato il post che Mark Zuckerberg ha pubblicato sul proprio profilo Facebook, a inizio gennaio, sull’imminente vaccinazione della figlia di due mesi. Questo messaggio (Doctor’s visit – time for vaccines!) ha riscosso un grande apprezzamento da parte di genitori e operatori sanitari, anche per il fatto di aver reso pubblica una scelta di carattere personale. Pur se esplicitamente non viene sostenuta la campagna a favore delle vaccinazioni, il post potrebbe incoraggiare i genitori a vaccinare i propri bambini, specialmente nella California del Nord, che rappresenta un focolaio del sentimento anti-vaccinazione e che ha registrato un alto tasso di crescita di malattie come il morbillo e la pertosse.
Secondo lo studio “Vaccination Coverage Among Children in Kindergarten”, condotto in 49 Stati degli USA (più il District of Columbia) nell’anno scolastico 2013-2014, il tasso di copertura vaccinale è stato di circa il 95% e da ciò possiamo dedurre che la maggior parte dei genitori statunitensi approva ciò che Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan hanno fatto: vaccinare la propria figlia contro le malattie.
Immediatamente dopo la pubblicazione del post, sui siti di riferimento del mondo anti-vaccino si è acceso il dibattito e il fondatore di Facebook, ridicolizzato al pari della moglie, è stato accusato di mettere a repentaglio la vita della figlia con argomenti propri della scienza spazzatura e ipotesi di complotto da parte di Big Pharma e CIA.
Il fatto che il post di Zuckerberg abbia provocato discussioni così accese fa capire quanto siano allarmanti e pericolosi gli effetti dei movimenti anti-vaccini.
Dal punto di vista della salute pubblica, tutto questo conta molto. La comunità scientifica deve essere consapevole di quali messaggi giungano ai genitori e degli strumenti e delle strategie di persuasione adottate, per poter fronteggiare questa disinformazione e rassicurare i cittadini con la forza delle evidenze scientifiche e dei dati che dimostrano in modo inequivocabile la sicurezza, l’efficacia e la qualità dei vaccini e la loro importanza nella prevenzione di malattie anche gravi. Ma non è così semplice.
Infatti, uno studio pubblicato nel febbraio 2014 sulla rivista Pediatrics ha dimostrato che alcuni messaggi veicolati a sostegno delle vaccinazioni possono avere esattamente l’effetto opposto sui genitori resistenti, perché la comprensione passa attraverso la loro visione distorta. Lo studio è stato condotto su 1.759 genitori ed è emerso un reale “effetto boomerang” per le campagne a sostegno dei vaccini: i partecipanti allo studio che erano scettici lo sono diventati ancora di più dopo aver ricevuto le informazioni.
Quindi la grande sfida che si presenta è riuscire a contrastare il propagarsi di questa diffidenza per le vaccinazioni, con un’informazione e una comunicazione autorevoli e fondate su evidenze scientifiche e dati oggettivi e con strategie di comunicazione e strumenti appropriati.
L’Agenzia Italiana del Farmaco è da sempre attenta a queste tematiche e più volte si è espressa sull’importanza delle pratiche di immunizzazione, partendo dalla consapevolezza che la vaccinazione rappresenta anzitutto una conquista culturale e che è necessario essere in grado di comunicare questi contenuti scientifici a una platea sempre più ampia della popolazione.