Non voglio sentire più parlare di organizzare la fase due. Prima iniziamo ad organizzare la 1, grazie. Attualmente siamo alle buste dei rifiuti e ai sacchi di plastica.
Indegno di qualsiasi paese civile.
23 aprile 2020
Dott. Giuseppe Marini
[dal sito FIMMG Roma] Martedì, 21 Aprile 2020 – Medici «Costretti a usare anche le buste dei rifiuti» come DPI per proteggersi dal coronavirus l’affermazione schock arriva dal vice segretario nazionale vicario della Fimmg Pier Luigi Bartoletti che in un intervista al CORRIERE DELLA SERA di Clarida Salvatori lancia l’accusa «A chi mi chiede quante squadre posso mettere sul territorio dico che dipende dal numero di tute che ho» ha ribadito Bartoletti impegnato nell’organizzare i camper dell’USCAR .
Era già successo dall’inizio di questa emergenza sanitaria. E già, sindacati e camici bianchi avevano denunciato la situazione. I dispositivi di protezione personale sono insufficienti. Ma per i medici, e per chi lavora negli ospedali, sono fondamentali per evitare di essere contagiati o, in senso contrario, di contagiare in caso abbiano contratto la malattia. E le segnalazioni arrivano da più parti. In prima linea da settimane, a bordo dei camper che entravano nel cuore dei focolai del Lazio, gli equipaggi dei medici di medicina generale sono in difficoltà con le tute. «Al momento ne ho sei in totale, per domani ne arrivano altre e riesco ad organizzare la giornata – ha spiegato Pier Luigi Bartoletti, vice segretario nazione della Fimmg (Federazione italiana medici generici) -. Ma a chi mi chiede quante squadre posso mettere sul territorio devo rispondere che dipende dal numero di tute che ho. Perché senza protezioni non possiamo uscire».
Finora le maggiori difficoltà sono state superate con l’intervento della Regione Lazio «che si è sempre prodigata e ha trovato una soluzione – prosegue Bartoletti -, ma la protezione civile, che prende e distribuisce questi dispositivi, dovrebbe pensare di accordarsi con chi poi le usa. Noi abbiamo anche provato a ordinarle per conto nostro ma non si trovano». Né questo rischia di essere un caso isolato. Pertini, Sant’Eugenio e San Giovanni in passato hanno più volte denunciato le difficoltà a reperire il materiale di protezione adatto per fronteggiare il Covid-19. In alcuni casi anche a causa di furti e sottrazione del materiale, tanto da costringere le direzioni a metterlo sotto chiave.
L’ospedale Sant’Andrea non se la passa meglio. Gli operatori sanitari (come dimostra anche la foto pubblicata) mentre sono in turno in corsia devono difendersi in maniera improvvisata. Se mancano i calzari, niente panico, usano i sacchi dei rifiuti sanitari speciali legati ben stretti alle gambe con garze e cerotti. Una soluzione che assicura l’impermeabilità. E se c’è da trasferire qualche paziente da un reparto a un altro, o portarlo in emergenza in sala operatoria, magari passando vicino al reparto Covid, ecco che spunta un’altra modalità fai-da-te: non avendo una lettiga di biocontenimento, oltre le lenzuola, il malato viene coperto con un telo di plastica. E, ciliegina sulla torta, gli anestesisti, fondamentali nelle terapie intensive (ma ora in sovrannumero e messi in congedo per alternarsi con tre turni al mese) si organizzano per i tour delle ferramenta della zona e per comprare di tasca propria, anche per i colleghi, mascherine da decespugliatore. Nell’impossibilità, evidentemente, di accedere a quelle più idonee.